Ana Brzan vive in perfetta armonia col nostro territorio
Fa una certa sensazione avere a disposizione delle eccellenze tanto invidiate nella Penisola, ma operanti su un piccolo bacino d’utenza giovanile che appare abbastanza refrattario nonostante ci si dimeni in lungo e in largo con attività promozionali di un certo calibro. Ma il vero segreto della dirigenza locale è quello di non chiudere mai definitivamente le molteplici strade intraprese e continuare a curarle con immutato entusiasmo.
Ecco perché dopo le riconferme di due tecnici davvero big come Eliseo Litterio e Daniel Catalin Negrila, arriva il sì anche da parte di Ana Brzan (vedere intervista in basso), altra super donna dagli effetti speciali che ha lasciato segni tangibili dal nord al sud della nazione italica.
Per l’allenatrice italiana di origini slovene sarà la terza stagione consecutiva che trascorrerà radicata nel territorio norbellese alla ricerca di giovani talenti olimpici e paralimpici che possano dare un tocco casalingo alla mission giallo blu.
Ana inoltre seguirà nuovamente la A2 paralimpica e continuerebbe ad essere anche una temutissima giocatrice se gli acciacchi fisici non la tormentassero con disarmante continuità. Nonostante ciò la dirigenza spera di poterla “sfruttare” nei momenti meno dolorosi perché con la sua inequivocabile esperienza riesce a fare la differenza.
Ana saggiò per una prima volta l’aria del centro Sardegna nell’anno agonistico 2009/2010 quando diede il solido contributo per la storica salita in A1 femminile assieme alla campana Marialucia Di Meo (altro tecnico/giocatore assai apprezzato in ogni latitudine che fa ancora parte dello scrigno magico guilcerino) e alla cinese Wu Shuang.
Fa molta fatica a ricostruire ciò che le accadde prima e dopo quell’esperienza perché non è un modo dire quando afferma di aver giocato con “molte squadre”. Non dimentica però i suoi inizi a Trieste con una società della minoranza slovena in Italia chiamata BOR. Si esercitava in una stanza piccolissima dove a malapena si riusciva a montare due tavoli.
Non sopporta autocelebrarsi anche se i successi più importanti si ricordano sempre con piacere: a furia di essere spronata ammette di essere stata n. 6 d’Italia, posizione raggiunta grazie ai prestigiosi risultati distribuiti negli anni, tra i quali svariati titoli italiani (singolo e doppio) in 2^, 3^ categoria, giovanili a squadre e veterani. Senza dimenticare l’esperienza nel gruppo del Castel Goffredo che in quel periodo conquistò tre scudetti e raggiunse le semifinali in Coppa dei Campioni. Ha vestito anche la maglia della nazionale e le è rimasta piacevolmente impressa la vittoria in un torneo giovanile in Jugoslavia.
Quando raggiunge un buon livello agonistico matura la decisione di trasmettere agli altri le sue conoscenze. Questo perché non ha mai cessato di amare il tennistavolo grazie ai primissimi insegnamenti impartitigli dal capace e preparato Marino Filipas (Slovenia) che aveva assimilato la scuola pongistica dell’est europeo. Amore per l’insegnamento che poi si è rafforzato quando ha cominciato a collaborare con la Nazionale Italiana Paralimpica. Ha avuto anche l’onore di accompagnare la selezione paralimpica ai Campionati Europei in Croazia in quella che lei definisce un’esperienza molto bella. Da tre stagioni, non a caso, riveste il ruolo di tecnico regionale paralimpico della FITeT Sardegna.
Il sodalizio d via Mele si tiene stretta, stretta la collaborazione di Ana: “Siamo felici di averla ancora tra noi nel nostro borgo – specifica il presidente Simone Carrucciu – nella speranza che nuovi aspiranti atleti, abili e meno abili, possano intraprendere interessanti percorsi sportivi che contagino anche i numerosi paesi limitrofi. Un grande in bocca al lupo e Forza Ana. Grazie!”.
QUANDO SI GIOCA CON LA FANTASIA IL SAPORE E’ DIVERSO
Se una girovaga del suo calibro rinnova la permanenza è perché luoghi e persone l’hanno lasciata a bocca aperta. Nei rari momenti di relax Ana Brzan si mette al volante alla scoperta di luoghi bucolici che alimentino la mai celata passione per la provincia di Oristano.
C’è una frase del pensatore Edouard Le Berquier che riflette il suo stato d’animo: “solo i colti amano ascoltare ed imparare, gli ignoranti preferiscono insegnare”.
Dalle laconiche espressioni si arguisce lo stesso che a Norbello ha trovato la sua dimensione: “Odio le città – dice – qui è tutto tranquillo, ambiente cordiale, quindi si sta bene, ottimo”.
Ti sei avvicinata al mondo del tennistavolo in un modo singolare
Direi più per caso. Una amica mi chiese se volessi provare. Avendo capito tennis ci son rimasta male perché mi aspettavo un campo all’aperto e racchette da tennis. Invece mi ritrovai in una palestra al chiuso e tra le mani piccole racchette e palline mai viste prima. Insomma, non sapevo neanche che esistesse il ping-pong.
Poi sei diventata una brava giocatrice
Credo di avere un buon servizio e un buon dritto. Anche se la qualità più rognosa agli occhi avversari sia l’eccellente mix di sensibilità e tecnica cui vanno aggiunte altre due componenti come fantasia ed imprevedibilità che riesco a scatenare grazie agli effetti impressi alla pallina: tali peculiarità mi rendono abbastanza “scomoda”.
E quindi cosa ti piace maggiormente di questo sport?
L’essere sempre concentrata e poi, se ce l’hai, la fantasia che puoi esprimere tutte le volte vuoi.
Cosa ti ha insegnato Marino Filipas?
Disciplina, rispetto, impegno e poi sgobbare e sgobbare in assoluto silenzio. Cercavo sempre di stare molto attenta a tutto quello che diceva e mostrava, ne ho fatto tesoro. Per questo motivo il mio modo di allenare assomiglia al suo. Poi tutto dipende dalla persona che hai davanti: le capacità fisiche, l’età e gli obbiettivi.
Come ti sei insinuata nel mondo paralimpico?
Anche quello era a me sconosciuto. Anno dopo anno ho arricchito il mio bagaglio guardando, sentendo, informandomi e facendo domande su tutto. Con occhi e orecchie sempre in azione carpivo tutto quello che dicevano e facevano gli allenatori. Quindi mi sono chiesta: perché oltre ai cosiddetti normodotati non alleno anche gli atleti con disabilità?
I metodi di allenamento differiscono?
Per me olimpici e paralimpici sono sullo stesso piano. Da entrambi esigo le stesse cose: serietà puntualità, impegno e rispetto. E anche quando mi devo arrabbiare lo faccio in maniera paritaria. Per quanto riguarda tecnica e tattica di gioco tutto cambia. Specialmente nelle classi basse in piedi (6-7) e in quelle basse in carrozzina (1-2-3). Ciò che conta è saper valorizzare le capacità residue dell’atleta disabile rapportate alla sua lesione. Ed è lì che l’allenatore deve fare il possibile per sfruttare al meglio le sue potenzialità.
Come si sta sviluppando il tennistavolo paralimpico?
A Norbello in questi anni siamo riusciti ad incrementare il numero di atleti e questo mi fa immensamente piacere! Per quel che riguarda gli olimpici è cresciuto il numero; purtroppo la strada è ancora in salita. Ma stiamo continuamente provando a far evolvere ulteriormente i numeri.
Cosa ti attendi da questa stagione?
Purtroppo, i paralimpici neo arrivati non possono ancora ambire a grandi risultati, causa inesperienza. Ma mi aspetto miglioramenti passo dopo passo. Come già si sono visti per i “veterani” con i quali mi auguro di fare un buon campionato. E nonostante il “Covid-19” e il distanziamento sociale, vorrei riservare dei fruttuosi allenamenti anche a quelli che abitano lontano da Norbello.
Divagazioni conclusive?
Ringrazio il mio allenatore Marino Filipas che a volte è stato un padre per me. Mi ha insegnato molto anche fuori dalle palestre. E poi ringrazio me stessa perché senza il mio carattere duro, da sgobbona e disciplinato, non avrei mai potuto arrivare ad un buon livello sportivo. Poi c’è sempre da imparare, non si smette mai.